AB ILLO TEMPORE
PROGETTO MOSTRA MASSIMO GIANNONI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Trait d’Union Onlus, che ho l’onore di presiedere, desiderava da tempo portare l’opera di Massimo Giannoni alla Camera dei Deputati in uno dei Palazzi istituzionali più importanti d’Italia. Riuscirvi è stato già di per sé un successo.
Lo è diventato due volte, nel momento in cui le opere di Giannoni hanno varcato le porte di un sito antico, posto nel cuore di Campo Marzio, area consacrata al Dio Marte carica di leggende e storia, come racconta il filosofo Strabone, simbolo di una antichità e al contempo eternità che sono le caratteristiche più conosciute nel mondo della Città Eterna. Roma, la Città Eterna, sta molto a cuore alla nostra Onlus, tanto da averci spinto più di dieci anni fa a partire con il proposito di contrastarne il degrado urbano, portando l’arte e la cultura anche fuori dai consueti circuiti museali, andando incontro a un pubblico più vasto, in luoghi come piazze, giardini, agorà di vario tipo, Palazzi istituzionali e pubblici.
Ma veniamo a Giannoni, il pittore contemporaneo, con la passione per la contraddizione e la polarità, che con colpi di materia oleosa e ricca, racconta da anni la bellezza e i tanti misteri della psicologia umana, ponendo lo spettatore dinanzi ai suoi quadri quasi dotandolo di uno zoom fotografico, capace di ingrandire il particolare, sia esso la costa del libro, l’animaletto impagliato, l’ombra di un passante veloce su una piazza inondata di luce o il monitor di una borsa d’affari, per poi, allontanandosi, riuscire a percepire tutto l’insieme di spettacolare complessità e ampia prospettiva. Sia esso per l’appunto l’interno di una biblioteca fiorentina, il Muro del pianto a Gerusalemme, lo stock exchange a New York piena di uomini e schermi o la piazza brulicante di ombre umane passanti e fugaci davanti al Louvre. Giannoni ha lavorato alacremente e indefettibilmente dagli anni della sua ottima preparazione accademica a Firenze, che gli valse l’assegnazione del Premio Lubiam come miglior studente delle Accademie di Belle Arti d’Italia.
Gli anni ’90 iniziano con una serie di viaggi in Australia e negli Stati Uniti, dove si è cimentato per lo più in opere astratte di grande formato. Nel ’99 si ferma nella sua Firenze, tornando anche al figurativo, con un’attenzione particolare ai luoghi della informazione e della memoria. Iniziano le serie delle librerie, delle biblioteche, delle stanze dei musei naturali e delle wunderkammer.
Traspare dalla sua estetica quella necessità insita nell’uomo, che catalogando gli oggetti pensa di mettersi al sicuro dalla morte. O comunque di governarla. Raffigurazioni di ambienti in cui l’uomo è il grande assente, magari appena uscito, lasciando quindi lo spettatore unico soggetto umano dei suoi quadri. Dove gli uomini sono ritratti, in una piazza o al muro del Pianto, la ripresa è fugace, a volo d’uccello, presa dall’alto. Essi restano distanti. I paesaggi rari. La geografia per lo più di interni.
Partecipa a molte mostre collettive: Quadriennale di Roma, Palazzo Reale di Milano, Biennale di Venezia, via via fino all’incoronazione essendo stato scelto nel 2020 a rappresentare l’arte contemporanea, come straordinaria espressione della vitalità creativa italiana degli anni della Repubblica. Espone con altri artisti al Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica, dove gli viene dedicata una Sala in cui esporre due tele della serie Libreria Seeber di Firenze, concepite come un dittico ideale.
Poi la grande pandemia, che ha cristallizzato come in un frame fotografico la vita del mondo intero. Paura, ansia, virus: parole fino a quel momento adatte solo per un film horror di Cronenberg, divengono all’improvviso la realtà oggettiva con cui ognuno di noi ha dovuto misurarsi. L’Occidente più di altri mondi, convinto da secoli della propria invulnerabilità riconducibile per lo più al proprio benessere economico, ha dovuto subire un fermo imposto, a cui non era né abituato né pronto e imparare l’arte dell’attesa, carica peraltro di dubbi e presagi. Giannoni chiuso nel suo splendido studio che affaccia con un’ampia vetrata sulle colline di Firenze, con la saggezza che solo alcuni artisti hanno coltivato, continua come sempre in solitudine a dipingere: d’altro canto è il gesto che più di ogni altro lo rende felice.
Dopo mesi, cessato il primo lockdown, decide per una visita a Roma, desideroso di respirare atmosfere rarefatte nel tempo, in una euforia da risveglio, in cui le cose più semplici appaiono nuovamente meravigliose. Decidiamo di visitare insieme i Musei Capitolini, scrigno di ricchezze uniche oltreché monumento di visione politica e mecenatesca del grande Papa, Sisto IV che nel 1471 li fonda e li rende il primo Museo al mondo pubblico. Essi sono vuoti, poiché le persone esitano ancora ad uscire, men che meno per chiudersi in un ambiente. Nella tragedia di questa assenza, iniziamo la nostra visita in cui rimaniamo muti, per la solenne bellezza delle varie Sale, che una dopo l’altra ci si mostrano come nuove. Camminare soli in quegli ambienti, accompagnati solo dal rumore dei propri passi, sarà un’esperienza indimenticabile. Meraviglia dopo meraviglia percorriamo le varie Sale: Sala della Venere Capitolina, Sala dei Capitani, Sala del Galata morente, l’Esedra che ospita la statua equestre di Marco Aurelio, la Pinacoteca. Poi entriamo in un corridoio, inondato di luce romana resa magica dall’oro chiaro dei pomeriggi ponentini.
Una vetrata enorme sul fondo della prospettiva e lì di fianco due Sale, piccole, ma preziose e dense di armonia romana, resa panottica dallo starne al centro, girandosi tra le quattro pareti colme. La Sala degli Imperatori e la Sala dei Filosofi, ci appaiono nella loro integrità, cesello e ridondanza. Giannoni, pittore contemporaneo, per lo stile più che per l’epoca in cui vive, che ha scelto il tratto materico dell’olio steso a spatola o a pennello per andare oltre la mimesi della fotografia studiata a lungo, resta ammirato. Questa collezione così folta e densa combacia con la sua ricerca artistica basata sull’accumulo. La visita rappresenta per lui l’ispirazione che attendeva da tempo: sarà il ritorno a un museo, un altro museo, dopo l’esperienza del Museo di Scienze Naturali e del Museo degli Argenti di Firenze di anni addietro.
Le incertezze degli ultimi mesi, i dolori di un mondo che è sembrato accartocciarsi su sé stesso, il moderno sconfitto, anche se temporaneamente, da un eterno che torna sempre, nelle sembianze della natura che quando vuole ha il sopravvento su tutto, in quelle stanze hanno un sussulto. L’incertezza, la pandemia, le nevrosi della globalizzazione sembrano avere una sospensione nel tempo, che genera un inatteso sollievo dell’animo.
Tra quelle forme perfette, di profili romani, riconoscibili al tatto anche se bendati, che trasudano antico ed eterno che resta e che va oltre, il pittore uomo capisce che l’eterno ciclo vive se sappiamo riconoscere ancora l’antico e le sue origini. Quello sguardo verso un’epoca tanto lontana, che è sopravvissuta così a lungo, è prospettiva di un presente che vivrà a lungo nel suo futuro.
Non diciamo niente, ma sappiamo che ci sono silenzi più eloquenti delle parole. Riparte per la sua Firenze, inspirato e carico di energia intensa, come tutti i suoi quadri, dove inizierà a dipingere le 6 tele della nuova Collezione a cui verrà spontaneo dare il nome di “Ab illo tempore”, che presentiamo qui a Roma, presso la Sala del Cenacolo di Palazzo Valdina, in anteprima mondiale.
Trait d’Union Onlus
Il Presidente
Elena Guerri dall’Oro