Trait d'Union Onlus

Ginnastica dei ciechi | di Elena Magini

L’intervento proposto da Marzia Migliora per il giardino di Sant’Alessio è connotato da alcune delle modalità espressive ricorrenti nella sua produzione: l’uso estensivo del linguaggio, la relazione con lo spazio e il ripercorrimento della sua storia, l’interesse per il deficit e la disfunzionalità Suggestioni eterogenee rappresentano la matrice di partenza di un lavoro che si sviluppa attraverso meccanismi di sottrazione: l’artista invita così lo spettatore alla riflessione e ad una immedesimazione nella sua singolare prospettiva, attraverso l’assunzione di molteplici punti di vista.

vedi anche: Ginnastica dei ciechi – foto, invito e disegni | Rassegna Stampa | Il comunicato stampa | L’invito |

le immagini dell'istallazione di Marzia Migliora "Ginnastica dei ciechi – La corsa al cerchio" In Ginnastica dei ciechi-La corsa al Cerchio Migliora prende avvio dalla storia del giardino e dalla sua conformazione attuale – intesa come insieme di caratteristiche topografiche e socioculturali – per dare vita ad un lavoro tripartito, dal forte impatto visivo e concettuale, dove lo spazio assume l’ambivalente aspetto di “soggetto” e luogo di esperienza per lo spettatore.

L’artista rielabora i concetti di sovrastruttura e imposizione esterna, limite e mancanza, mediante una riflessione favorita da elementi costituenti il vissuto storico del luogo. Attualmente usato anche come rifugio da immigrati e senza tetto, sul finire dell’Ottocento, il giardino era inglobato da un istituto per ciechi, impiegato come spazio per il gioco e la ricreazione dei ragazzi ospiti dell’istituto, rappresentava un luogo d’aggregazione e di evasione dal rigido regolamento imposto all’interno della struttura.

Ulteriori elementi di fascinazione per l’artista sono gli accadi menti storici e politici che hanno interessato il colle dell’Aventino dove il giardino di Sant’ Alessio si trova: questofu infatti teatro della Secessio Plebis, celebre scontro tra patrizi e plebei nella Roma repubblicana al quale si richiamerà, a distanza di secoli, la “Secessione dell’Aventino”. L’interesse è qui volto però non tanto alla ricostruzione di eventi del passato, quanto al ricreare, in una sorta di cortocircuito storico e temporale, la specificità del giardino, avvertita dall’artista nel suo essere “teatro di tentativi di presa di libertà e di evasione dalle imposizioni”. Nell’installazione Libero come un uomo Migliora costruisce una rete metallica che chiude fisicamente il giardino sull’unico punto di apertura verso la città, il belvedere, costruendo un limite architettonico e tangibile in uno spazio altrimenti connotato.

L’artista lavora sull’idea di deficit, ponendo lo spettatore di fronte ad una rete che inibisce la vista. A permettere la visione sul circostante è solo l’elemento linguistico, una citazione di Samuel Beckett tratta da una lettera indirizzata all’amico violinista Morris Sinclair, che recita lafrase “Posso solo evadere con le palpebre serrate”: resa per sottrazione della griglia, consente un attraversamento della struttura mediante lo sguardo.

 Oltre alla valenza connotativa del materiale impiegato (un reticolato in metallo, allusivo di una gabbia e simbolicamente di uno stato di costrizione e oppressione), assume rilievo il livello significante della citazione, dove, ossimoricamente, il movimento d’evasione è dettato da un’ apparente condizione di impedimento. Le palpebre serrate sono anche metafora di una condizione altra rispetto all’impossibilità di vedere, quella cioè del sonno, inteso come sospensione delle attività e conseguente opportunità riflessiva, e quella del sogno, interpretato come costruzione di una realtà ulteriore, di evasione dalla contingenza.

 La vista inoltre viene percepita dall’artista non solo come dato fisiologico, ma anche come un “atto di scelta”, connessa quindi ad una dimensione conoscitiva ed esperienziale. Migliora ritiene che guardare, osservare, conoscere, significhi molto di più che imprimere sulla retina le immagini di ciò che ci circonda. Per l’artista è fondamentale attestare come il deficit fisico, la disfunzione dettata dalla rievocazione di una condizione di cecità, sia potenzialmente condizione per una “visione ulteriore”, suggerendo così la possibilità di avere esperienza e conoscenza del reale per mezzo di elementi altri rispetto alla vista.

In Rooling Hoops Migliora dispone sul terreno adiacente al belvedere undici cerchi luminosi in alluminio, ancorati a terra. La precisa disposizione degli elementi trae spunto da un’immagine documentaria appartenente all’archivio dell’istituto, che ritrae i bambini in un momento di ricreazione, intenti a giocare con i cerchi. L’esatta riproposizione della posizione degli anelli nella foto, in un’apparente dinamicità, restituisce agli oggetti svuotati dalla propria funzionalità un possibile senso, accessibile solo attraverso un atto immaginativo e di fantasia: lo spettatore è chiamato a ricostruire la scena immaginandola, recuperando quella significazione Iudica originaria che per l’artista assurge a evidente e naturale forma d’evasione. Completa l’intervento di Migliora l’installazione sonora tra le 15 e le 17, l O, il suono di una campanella della durata di nove secondi, reiterato ogni giorno per due volte. La fonte sonora, una campana in ottone, è nascosta alla vista e si configura come ulteriore elemento immateriale, che, parimenti alla sostanza linguistica in Libero come un uomo, o alla resa della figura umana in assenza in Rooling Hoops, esplica il procedimento di azzeramento e sottrazione proprio della modalità espressiva dell’artista. In tra le 15 e le 17, l O viene suggerita nuovamente una dimensione Iudica, evocata dal suono della campanella come consueto avviso di ricreazione e svago; allo stesso tempo il segnale, avulso da ulteriori commenti esterni, risuona nello spazio come una sorta di allarme, ad auspicare uno stato di attenzione e di conseguente ascolto e partecipazione. In Ginnastica dei ciechi-La corsa al Cerchio i singoli elementi, appartenenti a registri percettivi diversi, si connettono l’uno all’altro in una fitta rete di rimandi e analogie, dando luogo a una dimensione intellettuale intessuta di reminiscenze passate e di suggestioni attuali.

In quest’opera vista, gioco, immaginazione ed evasione si configurano come sistemi eterodossi che conducono per mezzo di logiche alternative alla costruzione di realtà ulteriori. Lo “sguardo rinnovato” sull’esistente, avanzato qui da Marzia Migliora, si contrappone alle molteplici sovrastrutture imposte- siano esse fisiche, mentali, culturali o politiche – attraverso le possibilità del pensiero e della riflessione.

di ELENA MAGINI 

PROBONO ONLUS
L’impedimento, il non vedere, crea la condizione di accesso alla libertà e all’immaginazione e insieme di denuncia verso coloro i quali scelgono di tenere “gli occhi chiusi” di fronte a ciò che ritengono non voler vedere. L’opera decreta in se una condizione di uguaglianza tra esseri umani invitando tutti indistintamente a “fare esperienza” ad immaginare, a ricercare la propria libertà, ad essere solidali e ad aiutare coloro i quali hanno bisogno. Il Giardino di Sant’Alessio è un luogo di alto valore storico-paesaggistico.

L‘artista è stata invitata a confrontarsi con i valori originati dal rapporto complesso, e qui, straordinariamente esemplare, tra natura, storia, architettura e paesaggio attraverso “inedite” invasioni del territorio.

Chiara de’ Rossi, Marina Cimato, Anna Butticci